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4322.0.53070539Le Olimpiadi spesso diventano teatro di storie che esulano dal mero aspetto sportivo, palesando storie di atleti che alle spalle hanno ben altro da raccontare di duri allenamenti per arrivare al risultato. Anche le Olimpiadi di Rio2016 appena concluse non sono state da meno.

Il caso più eclatante è quello dell’etiope Feyisa Lilesa, argento nella maratona maschile. Lilesa fa parte della tribù degli Oromo, che rappresentano il 32% della popolazione dello stato africano, circa 24 milioni di persone in tutto che costituiscono un gruppo etnico diviso tra Etiopia e Kenya.

All’arrivo Lilesa ha mimato il gesto delle manette spiegando: “Il governo etiope sta uccidendo il popolo Oromo ed espropriando la sua terra e le sue risorse, per questo sostengo questa protesta ovunque. I miei parenti sono in prigione e se parlano di diritti vengono uccisi. Ho alzato le mani per sostenere la protesta del mio popolo. Parlerò con la mia famiglia e i miei amici, se torno in Etiopia forse mi uccideranno. E se non lo faranno, mi metteranno in prigione. Non ho ancora deciso se tornare, ma forse mi trasferirò in un altro Paese”. Oltre il danno la beffa per l’atleta africano che per il suo gesto adesso rischia una sanzione da parte del CIO che vieta le manifestazioni politiche da parte di tutti gli atleti.

Il caso di Lilesa non è l’unico “Racconto Sociale” emerso in questi giochi olimpici. Per la prima volta nella storia delle Olimpiadi, infatti, ha partecipato una selezione di 10 atleti rifugiati politici di nazionalità siriana, sud-sudanese, etiope e congolese, che si è diventata rappresentante degli oltre 60 milioni di rifugiati nel mondo.

Una delle storie più belle sulla squadra dei rifugiati riguarda la nuotatrice 18enne siriana Yusra Mardini. L’atleta ha lasciato il suo paese a causa della guerra. Come migliaia di altri suoi connazionali, si è spostata da Damasco a Beirut, in Libano, poi ad Istanbul e Smirne, in Turchia. Da qui è riuscita ad arrivare in Grecia a bordo di un’imbarcazione di fortuna. Durante la traversata, ha raccontato la Mardini, il motore della barca si è rotto. Lei, la sorella ed un’altra ragazza si sono tuffate in mare, spingendo l’imbarcazione per tre ore e mezza fino alle coste dell’isola greca di Lesbo.

In queste Olimpiadi la siriana ha gareggiato nei 100 metri farfalla, vincendo la sua batteria con un tempo di 1 minuto e 9 secondi, un secondo in meno della seconda classificata. Yusra Mardini, però, non ha centrato la qualificazione alla finale ma è diventata la beniamina del pubblico regalando a se stessa e a tutti i presenti una grande emozione.

Lo sport, e le Olimpiadi in particolare, spesso arriva dove non arrivano le istituzioni, rendendo possibile la partecipazione di nazioni non ancora riconosciute. È il caso del Kosovo, dichiarato indipendente dal 2008 ma appartenente ancora ufficialmente alla Serbia. Nel calcio la Nazionale è stata già riconosciuta, il capitano è oltretutto l’ex portiere del Palermo Samir Ujkani. A Rio 2016 il Kosovo, non solo ha partecipato, ma anche vinto la sua prima medaglia grazie alla judoka Majilinda Kelmendi, oro nella sua disciplina.