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Good Morning

Il 3 ottobre del 2013 si consumò nel canale di Sicilia, al largo di Lampedusa, una delle più gravi stragi di migranti: 368 persone persero la vita su un peschereccio salpato da Misurata (Libia) il 1° ottobre. I superstiti salvati furono 155, di cui 41 minori (uno soltanto accompagnato dalla famiglia).

Questa tragedia viene ricordata come una delle più grandi catastrofi marittime del Mediterraneo dall’inizio del XXI secolo e per questo motivo oggi si celebra la prima Giornata Nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione.

Pochi giorni prima di quell’immane tragedia, si verificò un drammatico sbarco a Scicli, vicino Ragusa: in quell’occasione persero la vita 13 persone. Era una tragica avvisaglia di quello che sarebbe avvenuto di lì a poco.

Il 3 ottobre 2013 alle ore 4.30 del mattino la nave partita la sera precedente dalla Libia, con a bordo migranti di origine africana proveniente dall’Eritrea, si rovescia a 300 metri dall’isola dei Conigli, un pezzo di terra separato da pochi metri di acqua da Lampedusa. L’imbarcazione aveva a bordo quasi 550 persone.

Secondo le prime ricostruzioni dell’accaduto, la causa del naufragio sarebbe stata identificata in un incendio scoppiato nella stiva, mentre la barca era ferma e in attesa di soccorsi. Furono le fiamme a scatenare il panico all’interno dell’imbarcazione: tutti i passeggeri si spinsero su un lato e la barca, inevitabilmente, si rovesciò. Centinaia di litri di nafta si riversarono in mare e questo provocò il maggior numero di vittime, in quanto molte persone non riuscirono a nuotare e dunque ad essere salvate.

Alle 7 del mattino molte imbarcazioni locali notarono i naufraghi e diedero l’allarme caricando la maggior parte dei superstiti a bordo; critiche vennero rivolte alla Guardia Costiera, che impiegò presumibilmente un’ora per arrivare sul luogo della tragedia.

“Il mare è pieno di morti, è un orrore infinito”, commentò così il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini, nelle prime ore successive all’accaduto. Tantissime furono le reazioni da parte della comunità politica: l’allora presidente del Consiglio Italiano Enrico Letta proclamò il lutto nazionale, mentre in molti chiedevano alla comunità europea di prendere delle decisioni che potessero porre fine a queste tragedie, che negli anni sono diventate sempre più tristemente numerose.
Papa Francesco espresse tutto il proprio dolore rilasciando queste dichiarazioni: “Pregate Dio per l’anima delle vittime del naufragio al largo delle coste di Lampedusa”.

In seguito alla tragedia di Lampedusa, numerose furono anche le critiche nei confronti della legge Bossi-Fini, della legge Turco-Napolitano e del decreto Maroni e ne fu richiesta, in molti casi, anche la cancellazione o abrogazione.

Morirono 360 eritrei (8 provenivano dall’Etiopia): l’Eritrea è a tutt’oggi governata da Isaias Afewerki, feroce dittatore, a capo del Paese dal 1993. Intere famiglie decidono dunque di scappare da quell’inferno e in quella occasione purtroppo ne pagarono un prezzo altissimo.

Successivamente venne istituita l’operazione Mare Nostrum, che consentì il salvataggio di 160 mila migranti nei 12 mesi successivi ai fatti di Lampedusa, grazie all’intervento delle navi della Marina Militare Italiana, che aveva l’autorizzazione di intervenire a ridosso delle coste libiche. L’operazione fu poi sostituita da Frontex Plus (nelle quali le navi potevano spingersi solo a 30 miglia dalle coste italiane) ma di fatto molti salvataggi vengono compiuti oltre i limiti stabiliti e anche con l’ausilio di imbarcazioni private.

Lo scorso mese di aprile la Corte di assise di appello di Palermo ha confermato 30 mesi di reclusione al somalo Mouhamud Elmi Muhidin, uno degli scafisti del barcone naufragato il 3 ottobre 2013.

Il presidente della commissione europea Josè Manuel Barroso, nei giorni seguenti la tragedia di Lampedusa, aveva promesso “mai più morti”. Da allora però di morti se ne contano 11 mila, e purtroppo è un numero che non accenna a diminuire.