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Il concetto di colonialità si può sintetizzare come un insieme di gerarchie razziali, sociali, politiche, culturali ed economiche imposte dal progetto coloniale europeo.
Come possiamo riconoscere – all’interno dei luoghi predisposti alla salute e alla cura, all’istruzione e al diritto nazionale e internazionale – quelle pratiche coloniali che interagiscono con le migrazioni contemporanee, al fine di contrastarle?

Le voci che abbiamo raccolto grazie al progetto Lives in Motion mettono in luce le posizioni di docenti, educator3 e professionist3 impegnate a interrogarsi su come smantellare la colonialità che, con le sue pratiche, quotidianamente nega i diritti delle persone migranti, partendo dalle scuole e dalle università, passando per le strutture sanitarie, in particolare negli spazi adibiti alla salute mentale, fino ad arrivare alle norme del diritto internazionale.

In particolare, la professoressa Kolar Aparna (Università di Helsinki), in conversazione con Stella Brook Young (Maghweb), indaga le possibilità e i modi in cui è possibile smantellare l’egemonia del sapere coloniale sulle migrazioni insita nei luoghi contemporanei di istruzione (quali università e scuole) a livello temporale e spaziale, in ottica decoloniale.

La docente ed etno-psichiatria Simona Taliani ( Università Orientale di Napoli, Associazione Franz Fanon) rintraccia i legami tra pratiche di “controllo” e di “abbandono” messe in atto contro le persone migranti negli spazi adibiti alla cura, e nello specifico, alla salute mentale in Italia, raccontando anche storie di patologizzazione forzata delle persone nelle colonie imperiali. Un processo in cui soggetti colonizzati erano costruiti come “altri”, “malati” e “malsani”. La professoressa suggerisce in seguito come contrastare questo sistema attraverso “atti politici di cura.”

Il professore Thomas Spijkerboer, docente di diritto delle migrazioni presso l’Università di Gent. In particolar modo abbiamo parlato del modo in cui, sul piano del diritto internazionale, la Corte Europea dei Diritti Umani continui a difendere una governance coloniale della mobilità umana. Continua a garantire la libertà di movimento agli europei in tutto il mondo, mentre limita le volontà delle persone provenienti dall’Africa e dall’Asia, in un processo che continua a “perpetrare il concetto di razza senza menzionare la parola razza.”