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strage di nassiriya carabinieri esercito base12 novembre 2003, una data che in Italia non verrà mai dimenticata.

Il 12 novembre è infatti la data dei uno degli attentati nella città irachena di Nassirya e che passerà alla storia come la strage di Nassiriya. In quell’attentato morirono, infatti, 28 persone tra cui 19 italiani tra membri dei Carabinieri, dell’Esercito e civili.

Il contesto in cui le forze armate italiane operavano era quello della guerra in Iraq e in particolare della cosiddetta “Operazione Babilonia” che prevedeva l’impegno dell’Italia con forze inviate nel sud del Paese sotto il comando delle truppe britanniche. La missione ebbe inizio il 15 luglio del 2003 e fu una delle tante cosiddette missioni “di pace”.

La guerra in Iraq, iniziata nel marzo dello stesso anno, era ufficialmente finita l’1 maggio ma di fatto gli eserciti non avevano mai avuto il pieno controllo del territorio, rendendosi necessarie, dunque, questo tipo di operazioni.

In questo clima si arriva al 12 novembre.

Alle ore 10:40 ora locale, le 08:40 in Italia, un camion cisterna pieno di esplosivo scoppiò davanti il comando generale dei Carabinieri, provocando l’esplosione del deposito munizioni della base e la morte di diverse persone tra Carabinieri, militari e civili. Il carabiniere Andrea Filippa, anch’esso facente parte della lista delle vittime, di guardia all’ingresso della base Maestrale, riuscì ad uccidere i due attentatori suicidi, tant’è che il camion non esplose all’interno della caserma ma sul cancello di entrata, evitando così una strage di più ampie proporzioni.

I primi soccorsi furono prestati dai Carabinieri stessi, dalla nuova polizia irachena e dai civili del luogo. Nell’esplosione rimase coinvolta anche la troupe del regista Stefano Rolla che si trovava sul luogo per girare uno sceneggiato sulla ricostruzione a Nassiriya da parte dei soldati italiani, nonché i militari dell’esercito italiano di scorta alla troupe che si erano fermati lì per una sosta logistica.

Poco distante dalla base Maestrale attaccata, vi era la base “Libeccio”, anch’essa danneggiata dall’esplosione e che fu lasciata dal comando dei carabinieri due mesi dopo l’attentato.

Le indagini sulla strage di Nassiriya

Come logico furono aperte delle inchieste sull’accaduto. In particolare due sono le inchieste che riguardano questo attentato.

Una prima indagine è stata avviata dalle autorità militari con lo scopo di scoprire se è stato fatto tutto il necessario per prevenire gli attacchi. Le due forze armate coinvolte sono giunte a conclusioni diverse. L’Esercito ha chiesto una consulenza al generale Antonio Quintana, secondo il quale sistemare la base al centro della città e senza un percorso obbligato a zig-zag per entrare all’interno di essa è stato un errore. Mentre per la commissione nominata dall’Arma dei Carabinieri e guidata dal generale Virgilio Chirieleison non ci sono state omissioni nell’organizzazione della sicurezza della base. Lo stesso Abu Omar al-Kurdi, terrorista di al-Qaeda, reo confesso dell’organizzazione dell’attentato, ha affermato che era stata scelta la base Maestrale in quanto si trovava lungo una strada principale che non poteva essere chiusa.

L’altra inchiesta è stata aperta dalla Procura di Roma per cercare di individuare gli autori del gesto. Il suo lavoro non è stato agevole dal momento che si deve indagare in un territorio straniero in cui le condizioni non sono stabili. L’unica cosa stabilita con certezza è che a scoppiare è stato un camion cisterna con circa 200 kg di tritolo mescolato a liquido infiammabile. I comandanti militari italiani inizialmente coinvolti nell’inchiesta sono stati tutti assolti con formula piena.

Si sospetta che Al-Zarqawi sia stato il mandante degli attentati, appoggiato dagli estremisti sunniti, mentre per quanto riguarda il finanziamento dell’operazione, il maggiore sospettato è un professore di teologia che lavora all’ateneo di Baghdad. Un’altra ipotesi porta verso il coinvolgimento di una cellula terroristica libanese molto vicina agli ambienti di Al-Qaeda, infatti le modalità dell’attacco ricordano altri attentati accaduti in Libano ed, inoltre, alcuni terroristi arrestati a Beirut avrebbero raccontato diversi particolari della strage di Nassiriya.

Entrambe le piste portano, comunque, ad un coinvolgimento di persone venute da fuori della provincia di Dhi Qar a prevalenza sciita e questo confermerebbe quanto affermato dai vertici della base “Maestrale”, cioè che non c’erano motivi particolari di preoccupazione in quanto la popolazione locale non era ostile verso i militari italiani e gli estremisti locali venivano monitorati con attenzione.

Nassiriya, morti di guerra in una missione di pace

Al di là delle ipotesi formulate su dinamiche e colpevoli, quel che appare certo è che la situazione in questi Paesi è rimasta problematica e ci si chiede a quale reale scopo vengano fatte queste missioni che vengono definite di pace ma che portano morti tra militari e civili. Nei Paesi coinvolti ancora oggi troviamo situazioni di forte tensione che probabilmente non interessano più di tanto a chi prende le varie decisioni. Affinché il sacrificio di queste persone non sia vano, c’è ancora probabilmente molto da fare.