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atleti-independenti-paralimpiadi-rio-2016Noi di Maghweb vi abbiamo già parlato della storia degli atleti rifugiati politici alle Olimpiadi di Rio de Janeiro che si sono concluse poche settimane fa.

In questi giorni si stanno svolgendo, sempre nella metropoli brasiliana, le Paralimpiadi e anche qui ci sono storie che vale la pena di raccontare.

Anche ai Giochi Paralimpici, infatti, gareggia un piccolo gruppo di rifugiati e richiedenti asilo. L’annuncio è arrivato direttamente dal Comitato Paralimpico Internazionale (Ipc) che ha accorpato gli atleti rifugiati o richiedenti dentro la più grande categoria degli atleti indipendenti, cioè quelli non affiliati ad alcun comitato nazionale.

L’intera squadra degli atleti indipendenti, e quindi anche i rifugiati e richiedenti asilo, è stata accompagnata a Rio de Janeiro da un capo missione, da allenatori e da personale di supporto messo a disposizione dal Comitato Paralimpico internazionale, che copre anche le spese per il loro viaggio e quelle connesse alla loro partecipazione.

Prima dell’arrivo a Rio, la squadra è stata sottoposta a controlli medici, ricevendo anche una formazione anti-doping. Gli atleti in questione alloggiano al villaggio olimpico insieme agli altri 4 mila atleti. Alla cerimonia di apertura hanno sfilato insieme agli altri Paesi dietro le insegne della bandiera paralimpica, annunciati con il nome ufficiale di “Independent Paralympic Athletes” (sigla IPA).

Gli atleti sono stati individuati dall’IPC grazie ad alcuni comitati paralimpici nazionali, che hanno segnalato la presenza sul loro territorio di atleti paralimpici con lo status di rifugiato o di richiedente asilo.

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Ibrahim Al Hussein

Due nomi che ci piace ricordare tra i partecipanti sono quelli di Ibrahim Al Hussein, siriano che vive e si allena ad Atene, e di Shahrad Nasajpour, iraniano da tempo trapiantato negli Stati Uniti d’America.

Shahrad Nasajpour  ha ottenuto lo status di rifugiato negli Stati Uniti e su sua esplicita richiesta non sono stati forniti dettagli sulla sua situazione personale, sappiamo soltanto che gareggia nell’atletica leggera, in particolare nel lancio del disco.

Ibrahim Al Hussein (che gareggia nei 50 e 100 stile libero S10) è da sempre appassionato di nuoto, fin da quando con i suoi 13 fratelli nuotava nel fiume Eufrate sotto le indicazioni del padre, allenatore professionista nella disciplina.
La sua carriera in gare e tornei nazionali si è fermata con lo scoppio della guerra in Siria, e in particolare un giorno del 2013 quando, nel tentativo di soccorrere un amico colpito da una bomba, è stato a suo volta vittima del bombardamento, perdendo la gamba destra sotto al ginocchio.

Dopo essere stato operato in situazione di emergenza, si è trasferito con grandi difficoltà in Grecia e reintrodotto all’attività sportiva proprio dal Comitato Paralimpico ellenico. In questi giorni si realizza il suo sogno.

Le Paralimpiadi rappresentano già di per se un importante strumento di inclusione sociale e di partecipazione, queste storie, insieme a tante altre, rafforzano ulteriormente questo spirito.