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NASA’s Marshall Space Flight Center – FlickrCC (1)
NASA's Marshall Space Flight Center - FlickrCC (1)
Una foto scattata durante la missione “Expedition 28” dalla International Space Station che mostra le coste dell’Angola

Ci sono 1265 satelliti operativi nello spazio. Altri 2600 sono ancora in orbita ma non trasmettono più segnali alla Terra. I numeri della Union of Concerned Scientists – organizzazione privata fondata nel 1969 – ci dicono che 6 satelliti su 10 sono utilizzati per le comunicazioni. E in particolare, ci sono sette satelliti che ogni giorno comunicano dati per una missione ben precisa: raccolgono dati e immagini satellitari di aree dell’America Centrale, dell’Africa orientale e dell’Asia  da inviare ad una piattaforma che li rielabora e li mette a disposizione dei governi locali.

Il programma si chiama SERVIR, ed è un progetto nato nel 2004 e finanziato dalla NASA e dall’USAID – l’agenzia federale che si occupa di assistenza umanitaria – con l’obiettivo di “collegare i villaggi allo spazio”. Il quartier generale di SERVIR si trova all’interno del Marshall Space Flight Center di Huntsville – in Alabama – e dal 2005 una sede operativa è stata inaugurata a   Panama. Tre anni dopo in Kenya a Nairobi, e nel 2010 anche in Nepal a Kathmandu, così da poter avere uffici e personale in tutte e tre le aree geografiche interessate.

Come suggerito già dal nome il programma “serve” a fornire ai governi nazionali – 38 in tutto quelli coinvolti – e alle popolazioni locali gli strumenti e le informazioni utili ad accelerare i processi decisionali in materia di prevenzione ambientale. Le aree di interesse individuate sono cinque, e si va dall’agricoltura alla biodiversità, passando per clima ed ecosistemi fino ad arrivare alla valutazione da una prospettiva satellitare dei disastri causati da inquinamento e calamità naturali. Ad esempio in Nepal – dove il 25,4% del territorio nazionale è ricoperto da foreste – è stato implementato un servizio che avverte via sms 18.000 comunità locali della presenza di incendi vicini, rendendo possibile l’evacuazione di aree a rischio e la tempestiva mobilitazione per le procedure di spegnimento.

Le notizie sulle tante attività del programma non mancano, ma non sono solo report, grafici e immagini dallo spazio. L’obiettivo a lungo termine di SERVIR è infatti quello di formare a livello locale una rete di esperti che possano agire da soli in futuro. Dopo diversi mesi di affiancamento, l’Institute of Water Modeling in Bangladesh ad esempio è oggi in grado di monitorare autonomamente il livello del bacino idrografico del Gange – il secondo più esteso al mondo – e di pubblicare i dati aggiornati attraverso una mappa interattiva consultabile online. “E’ esattamente nello spirito di SERVIR”, ha dichiarato Faisal Hossain – responsabile del programma nell’area – aggiungendo quanto sia importante che “la popolazione locale acquisisca padronanza degli strumenti che sviluppiamo per il benessere delle loro comunità”. Uno spirito di intenti comuni per un progetto con un obiettivo – si legge in una nota sul sito – molto chiaro: “aiutare piccoli paesi con grandi problemi”.

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